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Serrapetrona

Castel San Venanzio

Chiesa di San VenanzioA 3 km. da Serrapetrona, risalendo la valle del rio cesolone con la nuova strada che porta alla sella di Beregna per Camerino, in posizione di forza, imponente sul ciglio di uno sperone del monte Letegge che precipita con rapidissimo pendio fino al fondovalle, affacciato al sole nel largo- orizzonte ad oriente, Castel S. Venanzio (m. 522) . Nel nucleo centrale sono 7 famiglie, due a Sasso Marozzo e 11 a Villa d'Aria. Ha posto telefonico pubblico, ambulatorio medico ed ä sede parrocchiale con titolo di pieve. Patrono S. Lorenzo la cui festa si celebra il 10 agosto. Anticamente vi si teneva una fiera. La tarda denominazione di Castel S. Venanzio, non anteriore alla fortificazione dell'abitato avvenuta nei primi anni del sec. XIV, e il prelevare dei toponimi Villa d'Aria, Pieve d'Aria ed anche semplicemente Aria, estesi a tutta l'incipiente valle del Cesolone e alla montagna imminente, hanno fatto perdere i connotati remoti dell'agglomerato attuale generando una confusione non ancora risolta.

Notizie sparse

La storia di Castel S. Venanzio non è ricca di notizie. Oggetto di contesa con lotte sanguinose tra Camerino e S. Severino M., come tutta la valle del Cesolone nel corso del sec. XIII, fu più volte presa e ripresa dalle due parti. Il 13 febbraio 1272, per imposizione del rettore della Marca, S. Severino M. restituiva il piccolo borgo insieme alla Villa d'Aria a Camerino sborsando la somma di 10000 bolognini. Nei primi anni del 1300 Camerino ne fece una poderosa fortificazione consacrata al nome del santo protettore della città, S. Venanzio, abbandonando così il vecchio nome di Pieve d'Aria, sottratta ormai alla giurisdizione dell'abbazia di S. Marino in Val Fabiana. Il 9 gennaio 1428 il Castrum S. Venantii viene assegnato a Gentilpandolfo di Rodolfo III Da Varano. Nel 1853 il villaggio contava 77 case e 81 famiglie. Con l'unita d'Italia il paese fu ridotto a semplice frazione di Serrapetrona e ne seguì le sorti. Dette il suo contributo di sangue alla prima e alla seconda guerra mondiale e subì i travagli delle vicende partigiane e delle rappresaglie delle truppe tedesche in ritirata nel giugno del 1944, quando una donna del paese, Colomba Pagnotta, rimase uccisa per esservi avventurata per i campi a falciare l'erba. Solo nel 1963 fu raggiunto un livello di viabilità con l'iniziativa di sistemazione a carrozzabile, con maggior ampiezza e miglior tracciato, della vecchia strada per Torre Beregna e Camerino realizzata dal Consorzio della Bonifica Montana dell'Alto Nera, Chienti, Potenza e Musone. Dipendenza della plebale è la chiesa della Madonna del Ponte, situata a valle dell'abitato centrale dopo le ultime case e sulla vecchi strada per Serrapetrona. La facciata era protetta da una tettoia che copriva tutta la strada. Deve il nome all'antico ponte che nelle vicinanze scavalca il ruscello. L'affresco absidale con Madonna e Bambino fra i SS. Carlo Borromeo e Antonio da Padova, guastato da grossolani, dal Romani fu giudicato affine a quello di Giovanni Andrea De Magistris da Caldarola nella chiesa Parrocchiale di Piampalente (Camerino). Nel 1695 il pievano pagava per la chiesina 17 baiocchi di decima. Ora è proprietà privata. A Sasso Marozzo restano i ruderi della Maestà, chiesa sine cura, detta "oratorio" negli atti di sacra visita del Dé Buoi (1581).

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Il Castello e la Chiesa

CROCEFISSIONE - Girolamo de GiovanniDell'antica fortificazione, in cui fu chiuso l'abitato ai primi del '300 dai signori di Camerino, nel 1927 erano ancora sul luogo la porta arcuata all'uscita per la strada di Camerino, le fondamenta della torre principale lungo il muro che saliva a monte del caseggiato a circa 60 metri dalle ultime case. Oggi resta quasi solo la torre minore da cui fu ricavato il campanile della chiesa. Anche questa sembra costruita entro la cinta di un'antica rocca e col materiale di questa sull'area forse del palatium feudale. La chiesa plebale di S. Lorenzo e' preceduta e affiancata sul lato destro, dov'e' l'unico ingresso, da un portico a quattro archi sorretti da robuste colonne. Il portale ad arco a tutto sesto con fregi ai capitelli che concludono gli stipiti e' tutto di calcare rosa. Sulla parete esterna, ai lati della porta, erano visibili due stemmi dipinti con i gigli farnesini, uno incorniciato dall'aquila bicipite e sormontato dal cappello cardinalizio. A sinistra della porta una lapide, apposta il 5 settembre 1920, ricorda gli 11 caduti della guerra 1915-18; a destra un'altra con data 20 agosto 1971 porta i nomi di quattro caduti della seconda guerra mondiale. Il campanile in mattoni, si eleva sulla parete inferiore di un'antica torre tutta di pietra squadrata. L'incontro delle due parti e' segnato da una mensola di mattoni che corre lungo i quattro lati. La cella campanaria ha quattro fornici cuspidati e centinati da cornici sporgenti. L'interno della chiesa a pianta rettangolare col soffitto a capriate e' un ampio vano illuminato da due monofere aperte sulla parete sinistra nei restauri degli anni 1951-54 a somiglianza e nelle misure di quelle originali della parete dell'organo e dell'abside liberata dalle sovrastrutture barocche e riaperta nel 1972. A quell'anno risale la ristrutturazione del presbiterio: sul pilastro che sostiene l'altare e' stata infissa una pietra con scolpita una croce greca lobata gia' sopra la porta d'ingresso dello stabile antistante, demolito nella costruzione della nuova strada. La chiesa, che anticamente doveva essere tutta affrescata in varie epoche, conserva sulla parete destra in alto presso la cantoria un Crocifisso che il Serra attribui' a Lorenzo Salimbeni ma che il Romani l'assegno' all'altro pittore sanseverinate Lorenzo d'Alessandro. Dei due altari barocchi che si fronteggiano a meta' della navata restano le tele settecentesche: a sinistra e' Antonio ab. con a fianco tre santi, fra cui e' riconoscibile Sebastiano di fattura scadente; a destra Madonna del Rosario con i SS. Domenico e Caterina tela attribuita a Luigi Valeri. Sulla sinistra della parete absidale e' la Crocifissione con la Vergine, la Maddalena e Giovanni ev. su fondo d'oro, tempera su tavola del massimo pittore camerinese Girolamo di Giovanni eseguita negli anni 1450-1454, restaurata tra gli anni 1971-1973. Sulla stessa parete e' un tabernacolo la cui porticina ha una complessa cornice, scolpita in marmo bianco e pietra rossa, di epoca gotica: sopra e' una conchiglia, ai lati due pilastrini tortili, con capitelli e stilobati, sorreggenti un timpano. Nel pilastro che sorregge il tabernacolo e' stata incastrata una pietra decorata con tralci e fregi recuperata dal fabbricato antistante la chiesa, ora demolito, appartenente ad una confraternita. A destra e' una scultura lignea dipinta rappresentante la Vergine lauretana. L'acquasantiera e il battesimo di pietra sono sorretti da pilastrini. La sacrestia, ricavata dal vano inferiore della torre campanaria, al disopra del soffitto lascia visibili due volte a botte tagliate e sovrapposte: quella piu' bassa e' leggermente cuspidata.

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La Crocifissione ritrova il suo autore

Correva l'anno 1452 "Magister Iohannes Antonii alias de lu Paczo de castro Bolognole" rilascia il 12 novembre una quietanza di pagamento di dieci ducati per una tavola per la Pieve di San Lorenzo di Castel San Venanzio (Serrapetrona). È la prova, rivenuta in piena calura ferragostana da Matteo Mazzalupi, dell'attribuzione della bella Crocifissione ora esposta sull'altare maggiore della chiesa di San Lorenzo a Giovanni Angelo di Antonio. Ed è il tassello finale della ricerca d'archivio condotta da Emanuela di Stefano nell'ambito del lavoro di ricerca della mostra sulla scuola pittorica camerinese realizzata a Camerino lo scorso anno. Da questa ricerca era riemersa dall'oblio la figura di Giovanni Angelo di Antonio, suonatore di liuto, intimo delle famiglie Medici e Varano. Giovanni, pittore finora senza opere, era conosciuto come sodale di Girolamo di Giovanni in alcune committenze artistiche e come originario di Bolognola da cui provengono due opere capitali della pittura camerte: la Sacra Conversazione (in mostra a Camerino fino al 19 ottobre) e l'edicola Malvezzi (Camerino, pinacoteca civica). Indizi che avevano generato un nuovo scenario per la Camerino dei Varano, fino ad allora incentrato sulla figura di Girolamo di Giovanni e che avevano condotto i curatori della mostra del 2002, Andrea DeMarchi e Andrea di Lorenzo, ad attribuire le opere più raffinate già di Girolamo di Giovanni al maestro dell'Annunciazione di Spermento (il futuro Giovanni Angelo di Antonio). Il documento del 1452 conferma oggi la lettura critica dei due studiosi e consacra quindi definitivamente, Giovanni Angelo di Antonio protagonista della pittura camerinense, marchigiana e italiana del Quattrocento.
Tratto dall'articolo di Marta Paraventi sul sito www.cultura.marche.it della Regione Marche

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