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Arco

Il castello

Dall'arduo culmine (m. 494) di uno sperone roccioso del monte, che dalla sua conformazione prende il nome Schiena, contrafforte in direzione NE del monte Letegge, precipita lungo il E-SE un ventaglio di abitazioni che via via si allarga a gradinate e terrazze sorrette da robuste muraglie. Poderosa fortezza a guardia minacciosa delle due valli che si incontrano ai piedi del caseggiato: quella che scende tra i Prati e la Costa, solcata dal rio Caburro (1), e l'altra del Cesolone rumoreggiante lontano nella profondissima tortuosa forra. Due cinte di mura, ad emiciclo quella piu' in basso, di epoca medievale segnano il perimetro delle due terrazze piu' alte appoggiate in parte sulla nuda roccia a filoni grigi inclinati trasversalmente. La muraglia che cinge piu' da vicino l'antico castello conserva una massiccia porta ad angolo con un arco ogivale a monte, a tutto sesto quello a valle, attraversata da gradoni consunti. Anticamente sosteneva una poderosa torre merlata di avvistamento e difesa. La seconda cinta conserva anch'essa una modesta porta arcuata. Entro le due cerchie, segno del graduale dilatarsi della popolazione dal piccolo nucleo originario all'ombra del maniero feudale, si aprivano quattro porte denominate Castello, Farina, Calma, Morico (2); da esse scendevano 4 strade da, nomi ancora in uso: del castello, San Francesco, del Serrone, Capolarave. Quattro erano anche le fontane di acqua sorgiva: di S. Maria, quella ancora in fondo alla piazza, delle Conce, della Vena, di Saletta, che prendevano il nome dalle quattro contrade, o rioni, in cui era suddiviso il paese, e che portarono anche i nomi di Pianello, Valle, Portale, Castello. Gli Statuti accennano anche una divisione in terzieri (I, 5). Gia' sulla fine del '200, ma certamente ai primi del '300, le abitazioni avevano sciamato fuori delle cinte murarie. Da un atto di vendita del 28 dicembre 1346 (3) si ricava infatti l'esistenza del Borgo della Valle, del quale costituiscono testimonianza non poche comici di porte e finestre di mattoni centinate, caratteristiche di quel secolo. L'abitato scendeva dunque allargandosi verso l'antica chiesina-edicola oggi ampliata in S. Maria di Borgo, esistente fin dal '200, come dimostra l'originaria porticina architravata su mensole a sinistra del portale cinquecentesco della nuova chiesa. La posizione di Serrapetrona risulta nell'insieme delle piu' privilegiate: protetta a nord dalle propaggini del M. Colleluce e tutta protesa al sole a levante e a mezzogiorno. Entro la cinta muraria piu' alta, scandita da poderosi torrioni che dobbiamo immaginare merlati, erano i simboli delle liberta' comunali che avevano preso il posto della piu' antica residenza feudale: il palazzo pubblico, pur'esso turrito, e la chiesa di S. Clemente, il santo protettore chiamato dagli Statuti difensore e capo del castello di Serra. Dell'uno e dell'altra restano notevoli vestigia incorporate nella proprieta' della famiglia Peda. Entriamo nel palazzo comunale (4) attraverso un portale cuspidato a conci di calcare. Il vano abbastanza ampio dovette essere l'antica sala del Consiglio: sulla parete dirimpetto all'entrata, tra le due finestre, sono dipinti in affresco dal carattere cinquecentesco e di un modesto artista una Madonna in trono col Bambino, a sinistra S. Clemente ed un santo vescovo, a destra S. Martino di Tours a cavallo (m. 1,70x3). Al di sotto corre una didascalia con forse i nomi dei soggetti, ormai illeggibile. Pensiamo trasferito qui da altrove ed in tarda epoca il bellissimo portale classico di marmo architravato all'ingresso della parte inferiore del palazzo, affiancato da due colonne con capitelli a fogliame di acanto e stilobati lavorati a scalpello. La soglia e' monolitica. Adiacente al palazzo pubblico era l'antica chiesa di S. Clemente a unica navata orientata. Il vano a cielo aperto ha l'abside come una grande nicchia semicircolare a ponente. Una piccola nicchia (il battistero?) si apre a destra dell'ingresso con residui di affreschi del tardo '500 analoghi a quelli della sala consiliare: al centro il Battesimo di Gesu', ai lati sono riconoscibili i SS. Venanzio, Ansovino e Clemente. Sulla sinistra dell'altare un'edicola rivestita di arenaria destinata forse agli olii santi e alle reliquie. Nella parte superiore dell'abside e' ancora una nicchia con cornice di pietra e sul fondo i resti di una Crocifissione dipinta ad affresco, coeva e di qualita' analoga a quelli gia' ricordati. L'arciprete Senesi nella sua descrizione del 1726 ricorda tre altari ed altri dipinti oggi perduti. Oggi l'antico castello e' un rudere solitario. Il Servanzi Collio nel 1884 vi conto' dodici famiglie. Non abbiamo nulla in contrario per collocare le strutture esterne della parte originaria del castello circa l'XI secolo. Ci mancano tuttavia notizie sul periodo feudale e sulla famiglia che ebbe in feudo Serrapetrona, sia essa da identificare con quel Petronio e suoi discendenti (ricordiamo pero' che il loro nome appare unito a quello del castello solo nel 1240) (5), sia piuttosto che si debba considerare la medesima famiglia continuata per discendenza di sangue, o comunque per successione dinastica, dai conti Del Chiostro di Statte, castello situato sul declivio meridionale del monte Letegge. A questa famiglia feudale appartenevano un Enrico ed un Gentile, appunto detti di Statte, che compaiono testimoni in atti notarili del 1198 e del 1201. Dei figli di Monaldo di Statte sappiamo che possedevano beni nei pressi di Carpignano, nel bacino del Cesolone, dalla sentenza arbitrale che il vescovo di Camerino Atto pronuncio' nel 1218 per dirimere una contesa tra Tolentino e San Severino. Questo possesso di terre a nord di Statte il Feliciangeli giudica indizio di signoria feudale e ricorda come il castello di Statte nel 1212 fu venduto da Rodolfo e Giovanni, presumibilmente della famiglia Da Varano, a un cittadino camerinese, Bonifazio di Corrado dei nobili del Chiostro, con la cessione della piena giurisdizione stendentesi all'ampio circuito del Monte Letegge, cioe' da Statte a Serrapetrona, a Borgiano e al Chienti. L'insigne storico camerinese non esclude che i Del Chiostro fossero un ramo collaterale dei signori della Rocca di Varano che da quel Bonifazio prese il patronimico di Bonifazi. Da quanto siam venuti dicendo ci sembra debba acquistare un certo valore la nostra ipotesi sulla possibile appartenenza di Petronio ai conti Del Chiostro e sulla loro sovranita' feudale sulla Pieve d'Aria, che poi prese il nome di Castel S. Venanzio, e su Serrapetrona, come aveva gia' ipotizzato il Feliciangeli.

 

(1) Questa e' l'attuale denominazione , mentre il Servanzi Collio ne riferiva un'altra, Gabbulo.

(2) Questa porta e' nominata nella pergamena I,3 recante la data 11 ( o 12? ) aprile 1284 e Morico e' forse nome di persona.

(3) Perg. III, 1.

(4) Il nome di palazzo sussiste tuttora al complesso dove fino alla fine del sec. XIX rimase la residenza comunale.

(5) Il Feliciangeli dal carattere di rocca feudale del fortilizio di Pieve d'Aria, dove i Da Varano ai primi del '300 consolidarono il castello murato detto da loro Castel S. Venanzio, e dalla sua preminenza religiosa - aggiungiamo noi anche su Serrapetrona -, e' indotto a supporre che da questo fortilizio domino' forse la famiglia da cui prese il nome Serrapetrona (Carte Feliciangeli nella Biblioteca Valentiniana di Camerino, 14 d, schede 1-2).


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